sono in un certo senso sollevata dal comune pensiero che ci sia da dire e da normalizzare in questo campo.Molto spesso questi miei dubbi venivano ridicolizzati rispetto a questioni di globalizzazione dei metodi e dei materiali per la conservazione. per me anche il lato estetico del nostro lavoro deve avere rilievo e voce alla pari. la sua importanza è nella fruizione , e l'opera nasce per questo essenzialmente. tanti metodo opinabili e personali di intervento rendono vago il concetto per cui si interviene: ridare all'opera una leggibilità migliore possibile che rispetti ovviamente anche le leggi della visione e percezione. stiamo parlando di scienza, pari passo con quella scienza che sperimenta prodotti nuovi e migliori per conservare un opera d'arte.
Avrei voglia di continuare il discorso sull'argomento insieme a voi. avrei cose da chiedere e da dire a chi è interessato magari a saperne di più. se vi va uniamo le forze e ci mettiamo a parlarne ancora. ciao
Anche un anno tarde, vi posso dire che, a la Spagna, si usano tutte le tecniche de reintegrazione italiane. Nei Musei puoi trovare di tutto, astrazione, selezione, tratteggio, neutro, anche mimetico. No sempre bene eseguite. Nel settore privato dove mi trovo, però, soltanto possiamo parlare di reintegrazione invisibile, cioè, imitativo o mimetico. I collezionisti e le reintegrazione deontologiche sono come l'olio e l'acqua, non si possono vedere. Mi sembla che come in Italia, vero?
Non c'e niente de più bello che la rovina d'un opera d'arte Gregorio López Sola
Più o meno si . Sono stata da voi in Spagna e ho avuto modo di vedere i vostri sistemi. devo dire che la libertà di scelta fra i diversi metod mi lascia da una parte piuttosto perplessa. Non credo che tante alternative, se pur dichiarate tutte valide possano portare verso una buona soluzione, quanto piuttosto trovo che sia facile così tendere ancora lll'opinabilità dell'azione. Detto questo ci sarebbero specifiche da fare, ma in linea generale, calcolando che anche tu ammetti che non sono sistemi adottati alla lettera, penso che siano forse troppe le strade possibili. grazie dell'informazione e della risposta anche se dopo tanto tempo. mi auguro che altre persone saranno interessate. A presto
Non potendo dare a questo interessante dibattito un contributo tecnico, che forse era specificatamente quello richiesto, credo però sia importante dare un contributo di tipo teorico. In molti avete citato Baldini, ma in effetti Baldini (come qualcuno ha già spiegato) si colloca nell'ambito della tradizione fiorentina e propone, nella sua teoria, il metodo della "selezione cromatica" per piccole perdite o dell'"astrazione cromatica" per grandi perdite. Baldini rappresenta la linea dell'Opificio e viene dopo Brandi, che invece è l'ideatore del rigatino. Il tratteggio verticale come reintegrazione delle lacune venne usato per la prima volta nella cappella Mazzatosta della chiesa della Verità a Viterbo, tra il 45 ed il 46, per restaurare gli affreschi dopo un bombardamento. Il metodo fu messo a punto da lui e dai suoi studenti dell'ICR (Mora ed altri) dopo diversi tentativi. Per un'impostazione teorica sul rigatino bisogna leggere la teoria di Brandi, che la cita, poi il Baldini che in molti avete citato e poi è interessante un articolo di Maria Carolina Gaetani che si trova sugli atti del convegno "la teoria del restauro nel 900 da riegel a Brandi" intitolato "La reintegrazione delle lacune attraverso la tecnica del tratteggio: considerazioni sul metodo", che ne descrive praticamente la storia. Scusate la lungaggine...
Cecilia Sodano - Moderatrice sezioni Lavori Pubblici, Museografia
Rileggo e correggo: "per un'impostazione teorica sul TRATTAMENTO DELLE LACUNE" e non "sul rigatino" bisogna leggere i testi di Brandi e Baldini citati, per capire la differenza tra i due maestri. Fondante, tuttavia, resta la teoria di Brandi. In merito alle tecniche di reintegrazione all'estero va detto che le tecniche di reitegrazione, ma soprattutto la teoria che le supporta, sono nati in Italia e quindi è inutile sperare di trovare fuori dall'Italia qualcosa di meglio di quello che c'è qui, tra la tradizione romana di brandi e quella fiorentina dell'OPD (e scusata il campanilismo, ma queta volta è fondato...). Interessante quello che dice Gregorio Lopez sulle reintegrazioni invisibili: anche in Italia, nella seconda metà dell'ottocento, si sviluppò una scuola di pensiero dei "pittori restauratori" che proponeva tale tipo di reintegrazione. Fu la scuola di pensiero di Forni e di Conte. E fu, naturalmente, la "scuola di pendiero" dei mercanti fiorentini... )
Cecilia Sodano - Moderatrice sezioni Lavori Pubblici, Museografia
Io sono in Piemonte, e per quanto riguarda questa regione, per quelle che sono le mie conoscenze, la situazione è assolutamente analoga a quella descritta da Gregorio Lopez. Non spetta al restauratore la scelta della tecnica da impiegarsi ma (giustamente) al funzionario di soprintendenza o al limite al proprietario (se l'opera non è sottoposta a tutela). Ogni opera è diversa dall'altra e ogni funzionario ha le sue preferenze. In questo modo si va a creare una soluzione diversa da caso a caso... qui non esiste una soluzione generale adottata comunque e dovunque. Si giudica, si valuta tutti insieme e poi la parola finale spetta al funzionario... spesso si opera in modo da avere una soluzione che mette in evidenza le reintegrazioni più invasive e in generale non ci si perde eccessivamente a denunciare i ritocchi microscopici su sfondi piatti (comunque, sottolineo, che non è un comportamento univoco... a volte si denuncia qualsiasi ritocco...) dipende comunque molto da quali sono le lacune, da quanto incidono percentualmente sull'integrità del quadro, da come è la tela o la tavola al di sotto (a volte si lascia anche la nuda tela o il legno se in posti non eccessivamente fastidiosi dal punto di vista cromatico-estetico... oppure non si opara stuccatura e si lascia la superficie scabra della tela a denunciare il restauro... o altre numerose soluzioni). I privati invece è molto raro che vogliano o accettino una reintegrazione diversa da quella mimetica... e chiunque abbia lavorato col privato ben lo sa... anche se ultimamente la sensibilità sta cambiando e almeno per i pezzi più importanti in mano privata e non sottoposti a vincolo viene richiesta comunque un'integraziona analoga a quella dei pezzi nei musei.
Il ritocco, a parer mio, deve essere qualcosa che disturba il meno possibile la percezione dell'opera originale... deve integrarla senza falsificarla, essere percepibile senza essere evidente. Deve eliminare quel disturbo estetico provocato dalla lacuna senza peraltro aggiungere nulla...
...poi insomma, la reintegrazione deve essere soprattutto estremamente reversibile, l'importante è quindi che venga fatta con colori a vernice facilmente solubili in solventi a bassissima polarità... che sia fatta bene o che sia fatta male l'importante è che ci si possa ripensare...
Marco NICOLA MODERATORE AREA AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
Conservation Scientist - Diagnosta dei Beni Culturali Analisi chimiche, chimico-fisiche, petrografiche, biologiche... e ricerche per lo Studio, la Conservazione e il Restauro del Patrimonio Artistico sito: http://www.adamantionet.com
La ragione è pienamente dalla sua nel parlare a lettere cubitali della reversibilità. Il metodo di reintegrazione deve essere di aiuto alla lettura e non di ulteriore disturbo. ma questo non può bastare a giustificare interventi per analogia , che si celano tanto spesso dietro le buone intenzioni di seguire le esigenze dell'opera. Ogni sistema reintegrativo adottato, purchè compatibile ed in linea con i principi di reversibilità e di riconoscibilità deve essere poi in accordo con l'opera secondo quella che lei chiama bene percezione. In effetti è la percezione visiva che si mette in gioco con le sue regole nel dettare il bisogno dell'immagine.Niente da dire su quanto accade nelle soprintendenze, ormai è routine sentir parlare di sensibilità individuale di uno o l'altro personaggio-funzionario- ispettore.Certo è la realtà....ma andrebbe ripreso in mano un testo scritto alla fine degli anni '30, quando persone di grande impegno culturale proponevano la nascita di un Istituto che facesse da guida nel mondo empirico, di allora, ma direi sotto alcuni versi anche di oggi, del restauro. Erano intenzioni nobilissime, ma che ai fatti si sono andate perdendo. Colpa nostra, non dei promotori. La normalizzazione di alcuni metodi e criteri dovrebbe diventare cosa concreta.Credo. A presto
salve, mi dicon0o di un convegno sulla reintegrazione a londra, probabilmente al Courtauld, ma non riesco a trovare più notizie. Se qualcuno avesse maggiori informazioni in merito, sarei lieta di riceverle. Grazie a presto Serena Sechi
Marco NICOLA MODERATORE AREA AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
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restauro della pittura e scultura policromia Utente medio
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ciao a tutti!
io ho una domanda di tratteggio romano e le selezioni fiorentini! perche scrivo la mia tesi di questo, paragono due scuole- ICR Roma (Brandi) e OPD Firenze (CASAZZA, Baldini). qualcuno potrebbe spiegarmi le differenze tra tratteggio romano (Brandi) e selezione cromatica, astrazione cromatica, selezione d'oro ecc fiorentino? mi serve qualche foto che dimostra tratteggi e selezioni! per favore aiutate!!!!!!!!!!!!!!
restauro della pittura e scultura policromia Utente medio
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ho anche domanda di articolo -Maria Carolina Gaetani "la teoria del restuaro nel 900 da riegl a brandi"-la reintegrazione delle lacune attraverso la tecnica del tratteggio"-si puo trovare questo articolo sul internet? io studio in Polonia e non riesco a trovarlo qui. qualcuno potrebbe mandarmi questo articolo via mail? per favore aiutate!!!!!!!!!