Mi sto occupando di prove su materiali lapidei consolidati. Il materiale lapideo in questione è il marmo di Rezzato, non omogeneo e poco compatto. Il degrado a cui è soggetto si manifesta tramite scagliatura della superficie. Questo fenomeno è dovuto alla presenza di inclusioni di argilla, che a contatto con l'acqua tende a rigonfiarsi ed ad espellere vere e proprie scaglie di materiale. Ho intenzione di testare più di un consolidante e protettivo, in modo da poter confrontare i diversi risultati e valutare quale sia il miglior intervento di restauro. Ho deciso di testare il consolidamento tramite silicato di etile, ma ho dei dubbi circa la classe di idrorepellente da applicare successivamente. Polimeri siliconici? Resine acriliche? Polimeri fluorurati? Ci sono anche prodotti a base di silicato di etile, con proprietà sia consolidanti che idrorepellenti, ma lo scetticismo è diffuso a questo proposito.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che risponderanno. Tiziana Fava
L'argomento interessa anche a me, anche se in modo meno delicato. Mi capita spesso di dover proteggere murature o intonaco dall'umidità ambientale o piovana.
Spesso sono costretto ad affidarmi ai tecnici dei rivenditori con tutto ciò che comporta....
Sarei grato se qualcuno potesse descrivere le differente caratteristiche tecniche e i campi di applicazioni dei vari tipi di idrorepellenti.
Salve - se la scagliatura è unicamente dovuta all'argilla che espande nel tempo con assorbimento di umidità mi sembra molto difficile evitare una volta per tutte che ciò succeda con una procedura invasiva e non-reversibile. Meglio una manutenzione programmata. A mio modesto avviso, nessun consolidante impermeabile quale un acrilico, impedirebbe l'espandere dell'argilla dietro allo strato consolidato e pertanto causerebbe il distacco di tutto quanto consolidato. In altre parole, la stessa cosa di quando si trova un materiale contaminato da sali. Posso suggerire a) di arrestare il degrado asciugando l'argilla con un impacco che estrae l'acqua e soltanto dopo, b) di consolidare con acqua o latte di calce. - senza impermeabilizzare oppure impermeabilizzare molto molto lievemente con silossani diluiti che si degradano con gli UV. La procedura andrebbe ripetuta periodicamente. Cordialmente,
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Se è un po' come il nostro Marmo di Billiemi, Admin, che ha le sue inclusioni di argilla, che sono le sue vulnerabilità naturali, nel senso che sono microcristalline e tendono a deteriorarsi prima del resto della massa del 'conglomerato lapideo' di cui fanno parte, forse, l'intervento di trattamento anche con resine acriliche o anche epossidiche, pre-installazione potrebbe essere utile. Se si impiega quale materiale da rivestimento, e se la base della roccia è cmq molto compatta. Poi magari, io sono eccessivamente ottimista.
Gent. arch. Campisi, sicuramente non ho capito bene come penserebbe di consolidare un tale materiale con resine epossidiche che ritengo devastanti in un caso del genere. Condivido invece abbastanza l'idea dell'ing. Pinto Guerra che (anche se non conosce le "condizioni a contorno" come sottolinea l'arch Tinè) consiglia l'utilizzo di materiali molto diluiti ad azione forzatamente blanda magari da ripetersi con manutenzioni programmate. saluti.
Salve - purtroppo il degrado a scaglie di pietre contenenti intercalazioni di strati più o meno sottili di argille ètipico di molte pietre, sopratutto nel Nord Europa. In realtà non c'èniente di permanente che si possa fare. Più fortemente si consolida più strati superficiali spessi verranno via.
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Un calcare compatto non è un materiale poroso, spesso usano eposiddici anche negli stessi stabilimenti di estrazione delle cave, per compattare materiale con venature di elementi altri rispetto alla matrice generale del materiale, edge. Non sono materiali porosi, il ragionamento era semplicemente questo.
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In certi casi, dicevo, anche le stesse imprese di cavatori almeno in sicilia, usano resine, per rcimpattare, ma all'atto dell'estrazione, materiali di matura calcarea con venature ed inclusioni di materiali altri che possano costituire punti di discontinuità . Le resine eposiidiche sicuramente hanno il problema estetico del viraggio di colore, e sono irreversibili, ma a questo punto non capisco quali siano le condizioni di questo marmo, che dimensioni dei pori abbia, se sia diventato poroso in esguito al suo essere stato lungamente in opera, se i fenomeni alterativi si manifestino esclusivamente in corrispondenza degli elmenti argillosi inclusi, se sia un materiale costruttivo, o solo da rivestimento (in genere da noi i calcari compatti o i marmi sono impiegati o nella statuaria, o per le colonne, o per i gradini, o, e quasi esclusivamente come rivesimenti). E' chiaro, che in dipendenza dalle sue condizioni al contorno, cambiano le problematiche, le possibili cause, e gli interventi conservativi. Probabilmente, viste le esperienze locali, ho dato per scontato si trattasse di lastre da rivestimento. Maggiori specifiche sarebbero utili ad evitare equivoci.
Certamente arch. Campisi, qui si dialoga apertamente (a volte con leggerezza e senza troppe informazioni) quindi con possibilità di equivoci. Ora credo di aver capito il suo ragionamento ma quindi se il calcare ècompatto e presenta solo delle inclusioni o discontinuità di superficie la resina epossidica serve come stucco di superficie più che come consolidante.
Scusamme - Scrive Tiziana: * Il materiale lapideo in questione � il marmo di Rezzato, non omogeneo e poco compatto. Il degrado a cui � soggetto si manifesta tramite scagliatura della superficie. Questo fenomeno � dovuto alla presenza di inclusioni di argilla, che a contatto con l'acqua tende a rigonfiarsi ed ad espellere vere e proprie scaglie di materiale. *
A me sembra chiaro il tipo di pietra in questione - abbastanza comune. L'argilla non si presenta come particelle disperse nella massa del materiale indebolendo il tutto come nel conglomerato citato da Teresa ma bensì in strati continui alternati alla pietra, come una pasta sfoglia. Da cui il degrado a sfoglie.
Riparare massi fessurati in cava con resine epossidiche èusanza comune anche nelle Apuane che conosco - ma ciò riguarda solo singole grandi fessure. Il degrado a scaglie di cui si parla èa livello molto più piccolo, sfoglie, azzarderei, di pochi millimetri l'una. Anche se le condizioni al contorno influiscono, non cambiano più di tot la situazione generale. Potra solo variare la velocità del degrado, non il tipo.
Un rimedio nell'uso di questo tipo di pietra èla prevenzione - nel senso che si puo avere l'accortezza di tagliare la pietra in modo da presentare all'esterno il lato trasversale della vena e non il lato piano. In questo modo l'acqua penetrerà forse di più ma interesserà solo i margini esterni delle sfoglie e, oltre a una certa profondità , agirà poco. Purtroppo l'effetto estetico sarà completamente diverso.
Nella normalità le vene sono nel piano obliquo, proprio per presentare variegature di colore, per cui ripeto, a mio avviso, c'èpoco di duraturo da fare se siamo all'esterno come condizione di contorno, per dirla con il Prof.
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Ma è materiale costruttivo? rivestimento? o cosa? Tu Edgardo pensi che le componenti argillose siano in strati, io pensavo fossero vene, rispetto alla massa calcarea. Tutto cambia la variare di quelle che il Tinè chiama condizioni al contorno. (caratteristiche proprie del materiale; utilizzo; messa in opera). E' sempre giusto l'atteggiamento di Sergio, cerchiamo di capire il massimo possibile delle cose, prima di ipotizzare possibili soluzioni.