Credo sia necessaria una riflessione sull'articolo che appare oggi su "la Repubblica" (prima pagina) "Fermiano i restauri cambiano la nostra storia" a firma di Carlo Ginzburg e Salvatore Settis.
La richiesta/proposta di una pausa di riflessione nell'ambito del mondo dei rutilanti restauri nasce dalla considerazione che forti concentrazioni di danaro si concentrano su grandi interventi proponendo/imponendo restauri sempre da vetrina, straordinari e che ricercano risultati da prima pagina. Ginzburg e Settis insistono nel chiedersi quanto sia davvero reversibilè l'azione compiuta su alcuni capolavori. Fatti i debiti paragoni sembrerebbe che l'esigenza di comunicazione faccia il paio alla smania dei restauri ripristinatori che caratterizzò gli anni pre fascisti e fascisti. Allora motivi ideologici (e comunque sempre la ricerca di formidabili vetrine per veicolare qualcosa di diverso che il rispetto dei monumenti) oggi il capitale e forti concentrazioni economiche si impegnano spasmodicamente alla ricerca di consenso e pubblicità . Corollario a questo discorso è la capacità di impegnare cifre notevolissime per la diagnostica e per la documentazione. E' la lezione ICR e OPD di questi decenni. Non si può dare intervento senza l'ausilio della diagnostica scientifica. Tutto questo genera talvolta circoli virtuosi altre volte sprechi inimmaginabili.
Tra l'altro non mi pare privo di significato che l'articolo appaia oggi nello stesso giorno in cui Settis introduce la giornata di cui al post La tutela dei Beni Culturali: i cantieri, gli archivi e la comunicazione. Come se sia stato scelto questo contesto perchè proprio quello in cui i temi agitati trovino la massima adesione al mondo reale.
interessante articolo, è vero che alcuni settori (e il mio è uno di quelli) vengono volutamente ignorati per altri di maggiore immagine. Posso solo aggiungere una interessante considerazione, tra le collezioni più interessanti dal punto di vista della archeologia del libro c'è la biblioteca della cattedrale di hereford che è interessante per via del fatto che è andata in disgrazia dal punto di vista economico e perciò gran parte del materiale ci è arrivato dal XII secolo senza alcun tipo di intervento di legatoria/restauro, certo ora non interverremmo drasticamente come un legatore del 700 ma il punto di vista di settis e ginzburg è pienamente condivisibile.
aggiungerei ma allora perchè i progetti di conservazione preventiva non vengono finanziati dal ministero e i restauri sì ? (visto che Urbani era tanto d'accordo sulla linea preventiva...)
Purtroppo dai pochi restauri pubblici in cui ho avuto una esperienza diretta o indiretta ho tratto le seguenti impressioni: 1- sembra che la bontà o validità del progetto sia argomento del tutto secondario. Basti pensare che spesso particolari tecnici (importantissimi) sono normalmente decisi dai geometri sotto-panza degli architetti che non hanno la preparazione tecnica necessaria. I risultati sono visibili. 2- l'importante è che siano spesi i soldi con correttezza burocratica formale 3- sembra non vi sia nessuna verifica, ne a breve ne a medio, ne a lungo termine della durata e della bontà del lavoro - da quì si torna ai punti 1 e 2 sopra. 4- Sembra un miracolo che fra le altre, anche tante buone cose siano fatte. Farei un monumento alla dedizione di tanti architetti di Soprintendenze che conosco e che operano con immane coscienza in condizioni improbe.
Povero Urbani - che aveva le idee giuste, ma anche lungi da Ruskin
Io credo che, letta anche la pagina di reazioni su Repubblica, come al solito si mescolino temi allontanando quelli "centrali" e insistendo sugli aspetti "spettacolari". Settis già nel voume "Italia spa" era intervenuto (vedi anche l'intervento su Bollettino dell'ICR, n. 5, da me curato) pesantemente sul problema contenuto/contenitore (parlando di informatica applicata ai beni culturali) sottolineando come l'interesse da parte dei fornitori di servizi fosse quello di imporre propri prodotti al di fuori e prescindendo dalle specificità del mondo della conservazione e dalla trasmissione al futuro delle conoscenze acquisite.
"I gruppi industriali o finanziari che appoggiano quei restauri investono ingenti sommi; di denaro in cambio di pubblicità : chiedono risultati visibili, possibilmente clamorosi; all’ eliminazione di ciò che può aver prodotto il degrado sono meno interessati. Una conseguenza inevitabile è che le opere meno note, ma altrettanto o più bisognose di restauro, vengono spesso ignorate. Una conseguenza possibile (e tutt’altro che irrealistica) è che opere notissime vengano sottoposte a restauri non urgenti che le rendano ancora più fragili. L'incuria e l’accanimento terapeutico sono due facce della stessa medaglia."
Settis e Ginzburg, hanno ambedue lavorato lungamente negli Stati Uniti e conoscono bene queste dinamiche. Settis stesso (la storia di Ginzburg non la conosco) è intervenuto più volte per sottolineare come la nostra interpretazione del rapporto pubblico/privato fosse, rispetto a quella statunitense, solo da piccoli e poveri bottegai. Quelli che vogliono il tappetto "tanto tanto pregiato" la tela di Osvaldo Pinderozzetti o meglio John Wallace Browns l'uno e l'altro consigliati niente popodimeno che da Vittorio de Sgarbituricis, noto critico tanto per la maggiore. E su questo .... tutti i soldi che ho. Anche di più. E allora (ritorniamo nelle vesti di chi vuole raccogliere consenso e pubblicità ) metto in moto diagnostiche imprecise (non sperimentate) ma molto costose. Sistemi informativi futuristi basati su standard scelti volta per volta, pregiati prodotti di restauro forniti sempre dalla stesso gruppo (ma nelle sue molteplici sfaccettature). Meglio non intervenire, l'appello non lo grida ma lo suggerisce, perchè la incertezza del quadro culturale è davvero grande. Storie esemplari di grandi restauri. ce ne sono molte, forse tra questi la Sistina (Vaticano - Mancinelli) e gli interventi sui cicli giotteschi. (ICR-Basile). Ma ci sono anche tante storie non scritte, sussurrate a mezza voce, conosciute quasi come "simpatici aneddoti" che vedono alcuni interventi di consolidamento o "pulitura" al limite del codice penale. Di questi nessuno parla (è un mondo che non ama parlare se non all'interno dei propri steccati) ma talvolta promozioni, cambi di guardia atque similia fanno accendere lampadine. Su questi interventi, credo, si scagliano (in realtà blandamente) gli studiosi della Normale evitando attacchi frontali e invitando alla riflessione. Ma sulla riflessione il partito dei tecnici è già partito alla difesa rimuovendo, ripeto, le ragioni e i temi sottesi alla polemica. Ma davvero pensiamo che Settis e Ginzburg siano due candidi anziani avvezzi a lanciare appelli illuminati ma senza fondamento? In fondo due poveri scemotti di paese. Che, almeno Settis, non conosca a fondo (ricopre cariche istituzionali piuttosto importanti ... lo dimentichiamo?) il campo su cui interviene?
Quali le risposte? Non si restaura dice Settis? Ma certo che si restaura,! E così si ribadisce il proprio ruolo (alcune risposte fornite il giorno dopo sono, comunque, da stampare a lettere d'oro!) ma si fa scivolare via il resto. Tanto Settis/Ginzburg non l'hanno detto espressamente.
scusate ma mi sono perso le risposte dei nostri colleghi all'articolo di settis e ginzburg non è che qualcuno ne ha una copia ? anche un sunto mi basterebbe
Per ampliare il discorso segnalo le reazioni riportate sul sito di patrimoniosos, molte delle quali non sono disponibili nelle fonti sin qui riportate:
5) INTERVENTI SULLA POLITICA DEI RESTAURI DOPO L’ARTICOLO DI SETTIS E GINZBURG
Marco NICOLA MODERATORE AREA AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
Conservation Scientist - Diagnosta dei Beni Culturali Analisi chimiche, chimico-fisiche, petrografiche, biologiche... e ricerche per lo Studio, la Conservazione e il Restauro del Patrimonio Artistico sito: http://www.adamantionet.com
Ma dopo? Quello che mi colpisce è la sostanziale mancanza di reazioni che non quelle a caldo. Perchè questa levata di scudi dei conservatori? Perchè si è rifiutato il confronto in nome di una difesa corporativa?